mercoledì 18 maggio 2011

XCOMICS 121 - Maggio 2011


Salve a tutti! Se siete qui, avete certamente letto l’indirizzo del mio blog sull’ultima pagina della storia pubblicata sul numero 121 di Xcomics. Se curiosate tra i post di questo blog potrete trovare interessanti retroscena riguardo alla creazione di questa mia ultima storia di nove tavole. Il vostro parere è ben accetto, potete lasciarlo nello spazio riservato ai commenti, in fondo a questo post. Se non avete un account google o uno qualunque di quelli disponibili, scegliete “Anonimo” e firmatevi in fondo al post. Se non avete commenti e vi va di lasciarmi un saluto anche solo per farmi sentire la vostra voce, lo apprezzerò moltissimo.


Allez

P.S. Questa volta c'è anche il mio nome sulla copertina!!! Scusate per l'abuso di punti esclamativi, ma è un sogno che si realizza!!!

lunedì 11 aprile 2011

Tornando a scuola...

E torniamo a parlare di fumetti: in fondo i fumetti sono il motivo per cui ho aperto questo blog, anche se poi l'ho adoperato per farci tutt'altro, come mio solito.

Il punto è che ho deciso di prendermi una pausa di riflessione, mentre la storia “Due come noi” attende il suo turno di pubblicazione negli uffici della Coniglio editore.

Cosa c'è che non va nei miei fumetti? Perché, pur divertendomi a disegnare, continuo ad avvertire una nota stonata? E' un poco come far l'amore con una ragazza distratta: c'è un indiscutibile piacere, ma... come dire, non è la stessa cosa. Non è come se anche lei stesse facendo l'amore con te. Per dirla in modo più poetico, disegnare mi piace, ma sia nel caso di “Permormance” sia nel caso di “Due come noi”, non è scattata la magia. Anzi, in entrambi i casi, una volta arrivato in fondo, non ne ho proprio voluto sapere niente; ho solo avuto una gran fretta di togliermi di torno tutto il volume di schizzi e di foto e di stampe di prova, e pensare ad altro. Questa cosa succedeva anche dopo gli esami all'università: e siccome disegnare fumetti non dovrebbe essere come studiare per un esame, mi domando dove sia il problema.



Credo di aver focalizzato la questione: non mi diverto granché perché ci metto troppa fatica. Non c'è freschezza, non è come giocare al piccolo Dio, non si innesca nessun processo empatico coi miei personaggi. Ogni vignetta ha una data di scadenza, ed io arrivo di solito in fondo ad ogni vignetta ben oltre quella data: inoltre questa storia di disegnare a pezzi, una vignetta qua, una testa là, un personaggio in secondo piano su un altro foglio ancora, e poi magari tornare giorni dopo a ridisegnare lo sfondo (quando è inevitabile)... insomma tutto questo assimila il mio hobby ad un lavoro artigianale non ad un gioco. Non è come lanciarsi tra le rapide con una canoa: assomiglia di più al nuotare controcorrente.

Attenzione, non dico che disegnare non debba essere faticoso. Non c'è attività che non lo sia, persino il sesso finisce con l'affanno, pur facendolo nel migliore dei casi distesi. Nondimeno so per esperienza che l'entusiasmo è capace di lavare via la fatica e che i tempi brevi (oltreché professionali e ragionevoli) non possono che giovare al processo creativo.




Per questa ragione si torna a scuola: ho ricominciato a fare schizzi a cazzo, senza finalizzarne nessuno. Si tratta di una pratica che mira a infondere confidenza alle mie dita. Si può guardare una foto, ma non si può dipendere da questa. Almeno il layout dovrebbe poter essere tracciato senza riferimenti, le proporzioni del corpo umano in movimento non dovrebbero essere un mistero. Un corpo umano è una macchina complessa, la posizione di ogni arto, la curva del collo, la torsione del busto, tutto deve rispondere ad una equazione di precisione assoluta. Una posa esprime tanto l'azione quanto lo stato d'animo; infine sono sicuro che un corpo umano sia in movimento anche quando è fermo.

Tutto questo dovrebbe essere rappresentato con assoluta naturalezza, senza indecisioni elementari che hanno a che vedere con la forma esatta del bacino e con proporzione del femore rispetto alla tibia.



Mettiamola così: adesso uso la matita per disegnare i corpi. Con molto esercizio e tanto studio anatomico, spero di riuscire a fare il passo successivo: usare i corpi per raccontare una storia. Lo strumento grafico non dovrà più essere la matita ma la fisionomia stessa dei personaggi.

Quando avrò imparato a tracciare senza incertezze un corpo femminile, passerò al corpo maschile: è una fortuna che Dio si sia limitato a due soli sessi.

Questa, almeno, è l'intenzione. Anche se ho idea che per arrivare al risultato che mi propongo ci vogliano qualcosa come una ventina d'anni.

giovedì 24 febbraio 2011

Due come noi - parola fine



Ho appena scritto la parola FINE. La parola più amata e più odiata da ogni autore di storie, lunghe o corte che siano.

Questa si intitolerà “Due come noi”, e parlerà d’amore, di sesso e di giocosa complicità. I soliti ingredienti, insomma, che spero d'essere riuscito a miscelare in una maniera originale e vagamente dissacrante. In questo momento, mentre scrivo, le stampe di prova asciugano ordinatamente distese sul pavimento, complete di colore e lettering; ed io mi sono guadagnato il sacrosanto diritto di appoggiare i piedi sulla scrivania, aprirmi una lattina di Pepsi e domandarmi chi me l’abbia fatto fare.

La prima vignetta di questa storia è stata disegnata precisamente il 19 settembre. Ancora un volta mi convinco che, per un autore, lo spazio bianco tra le vignette racconti molto più dei disegni. In quegli spazi bianchi si annidano entusiasmi e sbalzi creativi, ma anche malumori e momenti in cui la matita si rifiuta di obbedire. E tante altre cose, ci sono in quegli spazi, che spesso nulla hanno a che vedere con il disegno, momenti in cui la vita reale di reclama con i suoi aspetti inesplicabili e con i suoi telefoni che non squillano quando vorresti.

Quando ho disegnato “Performance” ho lavorato letteralmente nei ritagli di tempo, ed era anche un periodo di merda: lavoravo pure nelle pause di mezz’ora tra un lavoro ed un altro, dovevo accontentarmi di andare avanti a piccoli sorsi, ogni minuto libero era buono per dare un ritocco ai disegni o riscrivere i dialoghi. Ho iniziato a disegnare “Performance” verso la fine del novembre del 2009, e tra interruzioni e accelerate, l'ho consegnata ancora fresca intorno alla metà di luglio dell’anno successivo.

“Due come noi” ha avuto molto più spazio, ho sacrificato molto più tempo, cercando di essere meno dispersivo, di prendermi ogni giorno il giusto numero di ore da dedicare al disegno. Ogni giorno, tutti i giorni, come dice "El Mariachi", sia pure a proposito della chitarra… anche più di otto ore, a volte, e spesso facendo tardi. Resistendo qualche volta alla tentazione di buttare via tutto e lasciar perdere, ma anche dandosi un contegno nei momenti in cui l'ispirazione è felice, la mano è calda, e i disegni sembrano venire al mondo da soli.

Nonostante questo ci sono voluti quasi sei mesi, in un tempo equivalente un professionista arriva a disegnare quasi un albo intero tipo “Dylan Dog”.

Rispetto a "Performance" mi sono preso la libertà di creare a me stesso ogni genere di difficoltà possibile circa le pose dei personaggi e il taglio delle inquadrature. Non mi sono concesso alcuna semplificazione, povero fesso.

Comunque ci ho messo impegno e sono soddisfatto del risultato, molto di più di quanto non lo fossi per “Performance”. Ho utilizzato una tecnica di colorazione digitale molto pittorica, come testimoniano i diversi video, per completare tramite il chiaro scuro le fisionomie delineate da un contorno essenziale. Ho eliminato i tratteggi a matita, ho perfezionato la tecnica del ripasso tramite la stampa in toni di blu, e non ho mai fatto ricorso al ricalco diretto di una foto, trucco al quale (lo ammetto) “Performance” mi aveva obbligato nei momenti di maggiore sconforto.

Sono stanco, lo riconosco, ma anche contento.

Ora mi prenderò una pausa dal fumetto.

Sto già facendo le valigie: parto per il pianeta Terra per qualche settimana, torno nel mondo reale. Mi piacerebbe trovarlo cambiato, dopo la mia vacanza nel mondo delle nuvole parlanti, ma in fondo credo che troverò tutto come l'ho lasciato.

E già sento la mancanza del cartoncino e dell’invenzione, del colore e dei bei volti. E poi mi punge da qualche giorno l’idea di procurarmi dei colori ad olio, ho alcune idee in grande formato e una gran voglia di sporcarmi le dita e sperimentare qualcosa in direzioni diverse. Devo al più presto dar vita a qualcosa. E nello stesso tempo vorrei approfondire il digital painting e magari fare la follia di investire un po’ di soldi nell’acquisto di una tavoletta grafica nuova.

Ed ora scusate, ma rischio di perdere il treno.

venerdì 28 gennaio 2011

Speed Painting

Ho finalmente terminato i disegni a matita, per cui da questo momento inizia ufficialmente l'avventura del colore. Per tutti gli affezionati lettori, ecco un video che dovrebbe dire più di mille parole.




Per i più pazienti, ne esiste anche una versione ampliata su YouTube. La trovate qui.


martedì 7 dicembre 2010

lunedì 8 novembre 2010

Diario di bordo

Ho appena dato il fissativo sulla vignetta 5 della tavola 3, quindi non posso scansionarla (oppure scansirla, o ancora scannerizzarla, ma in tutti e tre i casi word mi da una sottolineatura rossa, quindi non saprei quale scegliere).

Nel frattempo posso postare due immagini esplicative che dovrebbero commentarsi da sole.



La naturale evoluzione dal bozzettaccio alla vignetta competa di balloon. Naturalmente la forma dei balloon è determinata dal contenuto, che qui ho cancellato per lasciare una sia pur vaga ombra di mistero che dovrebbe, un giorno, obbligarvi a comprare la rivista. Come si può osservare, tutto quel che ho detto a proposito del continuo movimento suggerito da un bozzetto approssimativo, rimane confermato nel ripasso definitivo. La testa della ragazza assume una posizione diversa, mentre la disposizione delle figure era in certo qual modo determinata dalle parole che avrebbero pronunciato.

Notate il doppio e triplo ballon che spunta dalla bocca di lui. Di solito non amo mettere più di un balloon per personaggio a vignetta, e questo perché nel tempo necessario a pronunciare un certo numero di parole si presume che i personaggi abbiano cambiato posizione. Lui dice una cosa, lei si alza dalla sedia sistemandosi la minigonna (delizioso gesto femminile che mi ha sempre incantato), e nell’alzarsi risponde. Poi lui controbatte, riflette, infine aggiunge qualcosa. Il tutto potrebbe richiedere quattro o cinque secondi, diciamo anche sei, ma un gesto repentino come alzarsi dalla sedia e spostarsi non viene compiuto in un lasso di tempo così relativamente lungo. Tra la prima battuta di lui e la sua ultima parola la ragazza potrebbe già essere uscita fuori dall’inquadratura, sarebbe stato meglio disporre i dialoghi in più vignette. Perché alla fine ho scelto questa soluzione? Per risparmiare sul numero di vignette da disegnare, direte voi.

Forse sì, ma non per pigrizia.

Che ci crediate o meno l’ho fatto perché questo giovava al ritmo del “botta e risposta”.

In una storia che basa la sua struttura essenzialmente sul dialogo tra i due protagonisti, il ritmo del parlato può vincere sui tempi dell’azione, così mi sono concesso questa piccola licenza. Il fatto che questo abbia comportato un risparmio sia pur minimo di vignette, è un effetto collaterale positivo. La sintesi, di solito, è la scelta migliore.




Ecco il bozzettaccio della vignetta che, già finemente e amorevolmente ripassata al tratto fine, giace sul calorifero in attesa che il fissativo evapori congelando la grafite sul foglio. Mi piace il modo in cui lo stivale viene in primo piano, imponendosi. Nella tavola sono presenti, per ora, soprattutto vignette di primi piani, oltre al disegno di cui parlo sopra. Questa inquadratura dovrebbe rompere la monotonia prospettica, facendo nel contempo la gioia di tutti i feticisti dello stivale, compreso in certa misura il sottoscritto.

Bene, avendovi dunque aggiornato sulle mie più recenti fatiche, ed essendo in effetti piuttosto tardi, vi saluto. Arrivederci alla prossima puntata.