giovedì 28 ottobre 2010

Lettering


Il lettering è l’operazione che consiste nello scrivere le parole nei balloon. Più in generale, il letterista si occupa di stabilire quale spazio deve occupare la nuvoletta nella riquadro, e verificare che l’ordine di lettura resti assolutamente chiaro e lineare.

La quantità di parole per ogni nuvoletta viene stabilita dallo sceneggiatore, cioè colui che trasforma la storia (soggetto) in una descrizione puntuale di ciò che avviene in ogni vignetta; la sceneggiatura include anche i dialoghi, le didascalie, gli "effetti sonori" tipo BANG etc. Questo pacco di pagine viene consegnato al disegnatore, che si occupa di trasformare in immagini quanto stabilito dallo sceneggiatore. Quanta libertà interpretativa abbia il disegnatore, dipende da molti fattori, primo tra tutti, naturalmente, il carattere dello sceneggiatore o più in generale il suo modo di scrivere. Ci sono sceneggiatori che hanno uno stile molto dettagliato, altri invece tendono a lasciare una maggiore libertà d’azione al disegnatore, sempre che nelle esperienze passate tra le due figure professionali si sia venuta a creare una certa intesa artistica. I dialoghi, comunque, restano un compito dello sceneggiatore.

Quando il disegnatore ha completato la sua tavola a matita, questa viene passata allo sceneggiatore per eventuali verifiche, e subito dopo al letterista. Il letterista, sulla tavola ancora a matita, disegna i balloon , la cui grandezza dipende ovviamente dalla quantità di testo. Un disegnatore esperto, di solito, ha già previsto in fase di disegno, degli spazi liberi dentro la vignetta entro cui disporre i balloon . Però può succedere che o per distrazione o per un cambiamento di idea successivo, la vignetta vada modificata. A volte le vignette vengono rifatte perché i personaggi che vi appaiono sono disposti male. La lettura procede da sinistra verso destra e dall’alto in basso. Se in una vignetta appaiono due personaggi che dialogano, quello che parla per primo deve sempre stare a sinistra.

In casa Bonelli il lettering viene fatto assolutamente a mano, con una grafia elegante ed ordinata: il nome del letterista viene giustamente citato sempre nei crediti in seconda di copertina.

Quando i balloon sono al loro posto, disegnati oppure in qualche caso incollati sulle tavole ancora a matita, il materiale torna al disegnatore per la fase finale del ripasso a china.

Non stupisce che dietro ogni singolo albo a fumetti che appare in edicola, ci sia in media un anno di lavoro, tra scrittura del soggetto, stesura della sceneggiatura, disegno a matita, lettering, disegno a china, e qualche volta colore.

Ho citato la Bonelli perché è quella che conosco meglio, purtroppo non per esperienza diretta. Non ci ho mai lavorato, ma alcuni miei amici sì, senza contare tutti quei professionisti a cui ho rotto le palle in anni e anni di mostre mercato di fumetti, con le mie domande. L’esempio della Bonelli rende bene l’idea della mole di lavoro, ma bisogna tener presente che esistono molte varianti, rispetto al metodo di lavoro descritto.

Varianti che dipendono dalla casa editrice, o dalla nazione. Per fare un esempio, in America, che io sappia, non si usa scrivere la sceneggiatura suddividendo già in questa fase le vignette. Lo sceneggiatore dei fumetti dei super eroi descrive in modo abbastanza narrativo quel che succede nella storia, lasciando al disegnatore il compito di stabilire il ritmo dell’azione; la divisione della storia in vignette viene fatta quindi in fase di disegno, poi le tavole tornano allo sceneggiatore, che scrive i dialoghi adattandoli al disegno. Poi, tavole e dialoghi, finiscono sul tavolo del letterista e così via.

Il lettering può essere fatto a mano, ma sempre più spesso ormai si vedono balloon riempiti con testo fatto al computer. Può piacere o non piacere, a riguardo esistono scuole di pensiero come in ogni altro campo.

Personalmente non saprei come fare se non usassi il computer. Per me i dialoghi sono sempre stati un momento molto delicato. Faccio molta attenzione ai dialoghi nei film e nei fumetti, e di conseguenza cerco di scriverne di decenti. Di solito il mio punto di partenza, quello che per i professionisti corrisponderebbe al soggetto, è una bozza mentale della storia che non scrivo mai. La seconda fase, quella della sceneggiatura, per me si traduce nella scrittura dei dialoghi. Mentre li scrivo, sempre al computer, non penso alle vignette né alla quantità di parole che uso. Cerco piuttosto di lasciar fluire le parole, nella speranza di creare un botta e risposta quanto più fluido è possibile. La fase successiva per me è il disegno.

Il lettering lo lascio per ultimo e questo, signori miei, è un grosso sbaglio.

E’ uno sbaglio perché se hai già disegnato e colorato le tue tavole, non vuoi nemmeno sentir parlare di rifare una vignetta solo perché l’ordine di lettura è poco chiaro o perché la parole occupano troppo spazio. O anche perché non riesci a far dire ai tuoi personaggi tutto quello che è funzionale alla storia nello spazio che ormai hai stabilito. Di conseguenza devi adattare i dialoghi rispettando una scaletta ben precisa; può capitare, e a me è capitato, che tutto ciò che serve dire entro la tavola due prima di avviare l'azione nella tre, semplicemente non ci stia.

Nella mia storia “Performance” avevo scritto i dialoghi, ma ho disegnato la storia seguendo tutt’altri criteri, ben sicuro che alla fine avrei giocoforza trovato il modo di farci stare le parole che volevo. Alla fine ci sono anche riuscito, non dico di no, ma la cosa ha richiesto molto tempo. I dialoghi che avevo scritto inizialmente non si adattavano, li avevo riscritti e limati decine di volte, avevo imparato a memoria alcuni scambi di battute che mi erano particolarmente piaciuti, ma a forza di sentirmi quei dialoghi nella testa, tutte quelle parole avevano finito per risultarmi del tutto insipide. Volevo ritmo e ironia. Volevo che i personaggi parlassero come persone vere e non come un libro. Volevo evitare d’essere prolisso cercando però di non asciugare troppo il parlato ottenendo un effetto legnoso. Volevo dialoghi brillanti e non scontati, un botta e risposta un poco obliquo e imprevedibile.

Volevo un sacco di cose, ma avevo anche già finito di disegnare tutte le tavole, e a quel punto non avrei spostato una vignetta nemmeno se mi avessero minacciato. Volevo finire e passare ad altro, ma non volevo sciupare tutto scrivendo dialoghi sciatti, quella roba che di solito detesto leggere. In un fumettino porno, i dialoghi sciatti sono appena dietro l'angolo.

Tutte le mie esigenze creative erano ingabbiate dentro una struttura ben definita, e a quel punto ero obbligato a far parlare i personaggi nell’ordine in cui apparivano, e risicare le didascalie solo negli spazi residui. Dai e dai, dopo giorni di lavoro, sono riuscito a farci stare tutto, al meglio di quanto ero in grado di fare. Se vi dicessi quante volte ho riscritto le parole delle prime due (dico due) tavole di Performance, mi prendereste per pazzo.

Stavolta userò un metodo diverso. Disegnerò le tavole nella mia personale versione di matita, cioè un insieme di bozzetti più o meno definiti, ed in quanto tali sacrificabili almeno in parte. Stabilirò subito lo spazio per le vignette e l’ordine di lettura, se è il caso anche alterando l’ordine delle vignette. Io non amo i balloon che nascondono sia pure in parte la fisionomia dei personaggi, mi piace che la figura resti completamente scoperta e che le nuvolette vadano a rompere i coglioni negli spazi vuoti. Questo riduce di molto anche il numero di dettagli che in seguito saranno ripassati a china. Se un oggetto sarà certamente coperto dal testo, inutile starlo a disegnare.

Per questo dico che senza il computer non saprei come fare. Per questa storia ho già scritto i dialoghi, direi anzi che questa storia è mi è nata nella testa sotto forma di dialogo. Come ho già detto, la prima stesura di solito è spontanea, lascio correre le dita e lascio che i fantasmi nella mia mente si prendano tutto il tempo che vogliono.

Una volta messo tutto nero su bianco, ho una fonte certa dalla quale attingere le parole, ma nove volte su dieci, nel riversarsi dentro il balloon, le frasi si modificano. Cambiano in favore di una maggiore brevità, cerco cioè di evitare parole inutili. Evito assolutamente di dire con una didascalia, o far dire ai personaggi, qualcosa che sia già visibile dentro la vignetta sottoforma di disegno. Una frase di dieci parole di solito può essere ridotta di un terzo, e se ci si lavora abbastanza alla fine ci si riesce. Questo per evitare balloon troppo invadenti, che occupano la vignetta e scoraggiano il lettore,.

Il computer mi permette di modificare continuamente forma e dimensione delle nuvolette, di provare a scrivere una parola in meno, o in qualche raro caso in più, se questo aiuta a dare alla frase un tono più autentico.

La fase del lettering, lo confesso, non è la mia preferita, ma ha il suo fascino. E’ il momento in cui i disegni smettono di essere muti e i suoni riempiono la tavola, i personaggi mostrano un aspetto in più del loro carattere o dei rapporti intercorrenti tra loro in funzione del modo di parlare.

Accetterei se mi proponessero di fare il letterista per otto ore al giorno?

Sì. Chi mi conosce lo sa: accetterei anche di temperare le matite coi denti, pur di lavorare in mezzo ai fumettari. Maledetti fumettari.

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